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Pedalando fra marogne e mosaici

  • 12 set
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 15 set

IL NUOVO TEMPO DEL VALPOLICELLA SUPERIORE


a cura di Andrea Amadei


Immaginatevi in sella a una bicicletta o a una comoda e-bike. Vi state lasciando alle spalle il centro di Verona (Patrimonio dell’Umanità) attraversando il solido Ponte Pietra che dall’epoca romana taglia la grande ansa che l’Adige disegna a nord del capoluogo scaligero. La vostra meta, proprio oltre quelle prime collinette punteggiate di castelli, è la Valpolicella, uno dei territori del vino più amati (e ambiti) al mondo.


Dopo le silenziose valli di Quinzano e Avesa, tappezzate di boschi e marogne (i classici muretti a secco che sostengono le vigne terrazzate delle valli veronesi) in mezzora di pedalata giungete alla Locanda Case Vecie, poco fuori Grezzana. È la zona dove nascono l’Amarone Case Vecie e l’omonimo Valpolicella Superiore firmati Brigaldara, cantina di proprietà della famiglia Cesàri da circa un secolo. Con sede a San Pietro in Cariano e 50 ettari di vigneti sparsi tra Valpolicella Classica, Valpantena e Valpolicella Orientale; Brigaldara firma tre differenti “cru” di Amarone più una Riserva dalla miglior parcella di ogni annata, un Ripasso Superiore, Un Valpolicella Superiore (ultimo arrivato) e un Valpolicella Doc.



Case Vecie si trova in una zona cuscinetto fra la Valpolicella Classica e la Valpantena e ricade all’interno dell’areale Docg. È un’area protetta di alto valore ecologico, conosciuta come Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Vajo Galina e Progno Borago, apprezzata anche dagli escursionisti che qui arrivano percorrendo il Sentiero Europeo numero 5, che collega la costa Bretone a Venezia.


Gli altri vigneti della famiglia Cesari si trovano nella zona di Cavolo, in Valpantena, e a Brigaldara, nella Valpolicella Classica, su un crinale che divide la valle di Marano da quella di Negrar e che è nota per i suoi Amarone pieni e voluminosi. I restanti ettari sono invece situati fra Vallena, appena sopra la città scaligera, e Marcellise, nella Valpolicella Orientale.


Parallelamente all’attività vitivinicola a Grezzana i Cesari hanno iniziato da due anni un percorso di ospitalità. La locanda Case Vecie è dotata di due appartamenti e di un’osteria dove si possono assaporare, oltre ai vini di famiglia, una cucina schietta e genuina a base di prodotti dell’orto e del bosco.


La tenuta apparteneva alla celebre famiglia Arvedi che fece fortuna allevando bachi da seta. La Valpolicella ne era un distretto produttivo importantissimo, lo testimoniano i gelsi che insieme a vigne, boschi e ciliegi adornano i versanti di queste colline. Andata in disuso e poi abbandonata, la tenuta fu ereditata tramite un lontano parente e risistemata trent’anni fa da Stefano Cesari, oggi alla guida di Brigaldara con i figli Lamberto e Antonio. I tre formano anche l’affiatato team di regata di Volpina 3, una storica vela 5.5 in legno, ormeggiata sulle vicine sponde del Garda ma questa è un’altra storia.



Dopo un pasto leggero a base di crudo, melone e stracciatella, un’ottima insalata di riso al pesto di aglio ursino e un calice di un sorprendente metodo classico blanc de noirs da uve Corvina (intitolato proprio a Volpina 3) and aspettarvi c’è una degustazione di Valpolicella Superiore Case Vecie.


Frutto di una singola vigna appena fuori dall’agriturismo, quindi in posizione decisamente elevata (450m slm) rispetto alle medie della Valpolicella (dai 150 ai 350 m slm), il vino incarna un’ideale moderno dal carattere fresco, goloso ed espressivo, figlio di un approccio nuovo in Valpolicella, dove tutte le uve migliori da sempre sono state destinate alla produzione dei due vini più importanti della zona: l’Amarone e soprattutto il Recioto.



Antonio e Lamberto invece hanno lavorato molto per ottenere un vino secco, più leggero e passante di un concentrato Amarone o di un dolce Ripasso (ottenuti da uve appassite) ma di maggior spessore ed eleganza di un beverino Valpolicella Doc. Un vino da grandi uve fresche di Corvina Corvinone e Rondinella, lavorate attraverso un bassa estrazione (non più di due settimane di contatto fra le bucce e il mosto) e un uso misurato del legno, a dare struttura e prospetto al sorso ma senza appesantire il palato.


Il Superiore in effetti si rivela un vino azzeccatissimo, profumato e saporito di fragoline di bosco, viole, gelatina di more e arancia rossa. Ha la balsamicità della menta e una piccantezza che ricorda il pepe, tipica sfumatura del Corvinone. Dotato di una viva freschezza e di una buona sapidità, il Valpolicella Superiore Case Vecie scorre elegante sul palato lasciando il segno in un piacevole e lungo ricordo.


Oggi il gusto cambia, l'Amarone non perde lustro ma il vino da uve fresche (non appassite) diventa sempre più importante e identitario per una cantina. Un Valpolicella Superiore di questa fattura vuole e può affiancarsi a grandi vini di terroir come Barolo, Brunello, Etna o a ottimi Pinot Nero. Con questi ultimi lo accumuna peraltro una certa sofficità di tannino, caratteristica che ne consente quella tanto golosa pratica che consiste nel servirlo fresco come un bianco. Da Maggio a Ottobre è un vantaggio prezioso per un vino rosso.


Inebriati dai sorsi di una Valpolicella tanto radicata e genuina quanto raffinata e attuale è arrivato il momento di riprendere le vostre biciclette e dirigervi verso una tappa perfetta per voi curiosi dell’arte e del vino. Parliamo della Villa Romana di Negrar, conosciuta anche come la Villa dei Mosaici, una dimora di 3500 mq di epoca tardo imperiale romana dove, già nel IV sec d.C. si produceva vino, forse proprio quell’Acinaticum, antenato dell’odierno Recioto, descritto da Cassiodoro e tanto caro a Re Teodorico. Lo testimoniano il ritrovamento di numerosi vinaccioli di uve da coltivo e un ampio locale di lavoro, completamente lastricato in calcare, con ciò che rimane delle vasche per la pigiatura e i resti di alcuni strumenti per la vinificazione.



Alcuni stralci dei mosaici di Negrar erano già stati scoperti a fine ‘800, ma solo nel 1922 il sito venne identificato come una villa romana da una donna pioniera dell’archeologia italiana, Tina Campanile. Successivamente il sito era stato abbandonato ed era andato perso, sommerso dalle vigne e da qualche inciampo burocratico.


È stato poi ritrovato e riportato alla luce nel 2020 suscitando meraviglia e stupore in tutto il mondo. I più importanti quotidiani e siti d’informazioni internazionali ne hanno parlato ampiamente in quel periodo.


Nella villa potete ammirare mosaici di grande pregio, alcuni si conservano in ottimo stato con i loro colori originali, altri sono meravigliosamente conservati ed esposti ai Musei archeologici di Verona fin dall’epoca del primo ritrovamento.


Siete di fronte, oltre che a un bene inestimabile, ad un esempio virtuoso di collaborazione fra soggetti pubblici (la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Verona; la Società Archeologica Padana s.r.l e il Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università di Verona) da una parte e i privati dall’altra. Una bellissima collaborazione che ha visto le cantine coinvolte farsi promotrici del recupero del patrimonio.


La villa è attualmente chiusa al pubblico per il restauro dei mosaici. Per informazioni sulla prossima riapertura contattare la Soprintendenza: sapab-vr@cultura.gov.it / 0458050111


Finita la visita potrete rientrare in Locanda dove, se avete deciso di passare la notte, prima di riposarvi e dopo una meritata doccia rigenerante, vi aspetteranno le celestiali tagliatelle al tartufo nero cavato nel bosco della tenuta stessa. La pasta è tirata a mano da Eleonora Olivieri, attenta e solare chef della locanda.


L’abbinamento consigliato è con una bottiglia di Valpolicella Superiore Case Vecie naturalmente.



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